Allora, imbarcarsi in una nuova avventura lavorativa che ti permette di viaggiare e lavorare da nomade come ho sempre desiderato non ha sicuramente prezzo.
Soprattutto quando ciò si traduce in un marketing workshop a Dubai a inizio febbraio, unito anche a un paio di giorni di sole e cene fuori. Un miraggio, lo sappiamo, in questi tempi di pandemia.
Quindi metto subito le mani avanti, non odiatemi e non polemizzate: con tutte le precauzioni del caso e conducendo la solita vita iper attenta, distanziata e safe che ho mantenuto in tutti gli ultimi mesi, ho deciso di cogliere quest’opportunità di trascorrere una settimana lavorativa a Dubai. E, perché no, approfittarne per ricominciare a scrivervi un po’ di miei pareri su una nuova destinazione.
Travel tips da mettere in pratica quando si potrà viaggiare con meno restrizioni o dubbi e perplessità?
Scopritelo qui sotto.
COSA FARE
Sul cosa fare a Dubai direi che spiaggia, piscina, spiaggia, piscina, spiaggia, piscina è il modo principale di trascorrere le giornate.
Ci sono i beach club dei super resort, spesso accessibili anche agli esterni, come il Drift del One and Only o iL Five del Five Palm Hotel, classiconi come il Nikki Beach o il Nammos, versioni più affordable ma sempre “premium” come il Koko Bay e l’Ammos & Hammers a Palm Jumeirah. In tutti la ricetta è più o meno la stessa: piscine instagrammabili, lettini instagrammabili, bowl instagrammabili, cocktail instagrammabili. A patto di stare attenti a escludere il cantiere che in 99 casi su 100 si staglia sicuramente in pole position sullo sfondo. Bello il sole, il caldo, la palma, ma, diciamocela tutta, alzare lo sguardo su un cantiere che sembra di stare a Rogoredo non è che abbia lo stesso effetto benefico di una camminata a Es Cavallet, così per dire.
[metaslider id=14558]Per non rimanere di strette vedute ma aprirsi un po’ su tutta Dubai, anche quella vagamente meno posh (ma sempre kitsch, questo sia chiaro) consiglio anche un giro a La Mer e uno a Jbr. Lì si può trovare la versione poco sobria e assolutamente pacchiana di un qualsiasi lungomare italiano: le bancarelle di souvenir, qui rigorosamente munite di neon la sera e di effetti speciali fluo durante il giorno, il carretto dei pop corn e quello dello zucchero filato, in tonalità Stabilo Boss ça va sans dire, la ruota panoramica a ultra led che al suo cospetto quella delle giostre al liceo impallidisce e se la fila alla catichella. Da farci un giro magari per una colazione o una passeggiata a fine giornata. A La Mer ci si può convincere di aver fatto un salto agli Universal Studios. Con tanto di multicinema e parco acquatico, a volerla fare davvero seria. A JBR di aver partecipato alla puntata di OC in cui vanno alla fiera di paese. Anche se di Marissa e Ryan nessuna traccia.
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Di essere a Eurodisney sembra invece davanti all’Atlantis, il nuovo mega resort-residence-mall-acquario di dimensioni mastodontiche che hanno costruito in cima alla Palma. A meno che il vostro sogno da bambini non sia stato dormire in una stanza da 3000€ a notte in compagnia di squali e razze che vi sguazzano intorno, direi che basterebbe giusto farci un un salto veloce per farsi un’opinione di persona. Magari la sera, che con l’illuminazione almeno un po’ di fascino dall’esterno lo tiene. Ma a mio parere resta talmente kitsch da non valere nemmeno la pena fermarsi a cena. O per lo meno, nel nostro caso, dopo un’accoglienza tutt’altro che cordiale da Nobu (che il cameriere al Costa Cafè dell’aeroporto è stato mille volte più gentile), si è deciso per evitare di cenare nell’ennesimo posto anonimo (sarà stato anche Nobu, ma pur sempre la stanza chiusa al piano terra di un centro commerciale super kitsch era) e ripiegare almeno su un tavolino all’aperto con vista luci e neon a Marina. L’assenza di foto su Atlantis la dice lunga, lo so.
E una passeggiata lungo Marina ve la aggiungo tra le cose da fare, magari anche in versione corsetta al tramonto se siete tipi da jogging. Il quartiere degli expat per eccellenza. E un vago ricordo delle corse sull’Hudson ai tempi della vita a New York. Ma vago eh, che La Grande Mela resta sempre inarrivabile.
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Ultima kitschata da non perdersi: il famoso Dubai Mall. Ecco, eviterei l’abominio della sciata sulla finta pista da sci, ma di perdersi un’intere giornata qui ce n’è comunque la possibilità. Tra shopping e ristoranti. E i famosi giochi di luce e acqua delle fontane davanti al Burj Khalifa. Forse, lo ammetto, ciò che mi ha colpito di più nei miei sette giorni all’insegna della sobrietà.
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Perdibilissimo invece il giro nella Città Vecchia. Da un lato del fiume il Golden Souk dove passo dopo passo venditori arabi, che di tecniche di vendita non hanno capito evidentemente nulla, ti si accollano come mosche col miele e dopo venti metri ti ritrovi con uno sciame di “Madame, please look at my shop” tutto intorno che liberarsene è impresa effettivamente ardua. Dall’altro lato, raggiungibili con barchino che ricorda Bangkok ma di Bangkok ha gran poco, iL Dubai Museum E le Torri del Vento. Date un’occhio alle foto su Google se proprio ci tenete. Che è tutto perdibilissimo l’ho già detto vero?
DOVE MANGIARE
Anche sul dove mangiare c’è l’imbarazzo della scelta nel momento in cui si tratta di selezionare ristoranti super posh, dove un roll di sushi, uno, vale più o meno un’intera cena da Finger’s a Milano.
Ci sono il Cipriani e l’Art Club al Trade Center, l’Al Naseem al Burj Al Arab, il Penthouse del Five Palm. Suggestivi se non altro per la vista.
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Delusione a 1000 invece per la cena di carne da Salt Bae. Un filetto, effettivamente buonerrimo, ma servito su un tavolino eccessivamente plain, in un terrazzo vista parcheggio del Four Season da un lato e retro cucina dall’altro, senza una, che sia una, aggiunta a creare un po’ di atmosfera. Roba che in un contesto così misero anche le foglie d’oro e il famoso show di carne massaggiata e tagliuzzata che ha reso Nusr Et famoso a livello mondiale perde del tutto io suo fascino. In altre parole, la markettata per turisti scemi in cui ammetto di essere caduta come un’allocca anch’io.
Tutt’altra cosa invece il Tipthara, ristorante thailandese dell’hotel Palace Downtown. Ci si arriva passeggiando tra palme, piscine, cortili e corridoi talmente kitsch da risultare perfino fascinosi. Si cena all’aperto, su una piattaforma galleggiante, direttamente di fronte al gioco di luci e acqua delle fontane sotto al Burj Khalifa e sul grattacielo stesso. E si mangia pure decisamente bene. O per lo meno non da dimenticarsi cosa si è ordinato già al mattino dopo come invece è accaduto con gli altri ristoranti. Worth a visit, decisamente.
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Stesso discorso per il Mama Zonia, al secondo piano del Pier 7, complesso sulla Marina che a ogni livello ospita un ristorante diverso. In questo caso cucina fusion, un misto di sushi/brasiliano/messicano con una vista spettacolare su grattacieli e effetti speciali. Piatti buoni, prezzi ragionevoli, atmosfera da ricordare. Che poi la mia cena nello specifico fosse in compagnia di amici che non vedevo da tempo e immersa in una chiacchierata super interessante forse potrebbe aver aggiunto ulteriore valore all’esperienza, ma mi sento ugualmente di consigliarvela. A voi la selezione di compagni di tavola meritevoli di una conversazione smart.
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DOVE DORMIRE
Stesso discorso fatto per spiagge e ristoranti vale anche per l’alloggio.
Si possono prenotare suite super lusso al Four Seasons, al Bulgari, al One and Only giusto per fare qualche esempio (o la mega kitschata della room nell’acquario dell’Atlantis) o hotel anonimi con stanze anonime e mega vetrate su tutta la città (che, se da un lato offrono una vista effettivamente valevole una foto, dall’altro danno quella sensazione angosciante di dormire in un’acquario senz’aria per respirare. Bene ma non benissimo).
Direi che la miglior formula restano gli appartamenti moderni, super accessoriati e di design, ma che se non altro offrono quella sensazione niente male di sentirsi per qualche giorno autoctono e viversi il più possibile la città, o almeno il quartiere.
Notte decisamente più piacevole in ogni caso quella al Bab Al Sham, il resort nel deserto a solo trenta minuti d’auto da Dubai. Qui sembra davvero di essere in “viaggio”. Niente calcestruzzo e cemento armato, niente gru e martelli pneumatici. Solo silenzio, venticello e lettini bordo piscina o vista palme e dune del deserto. Una suite che ti riporta ai tempi di Aladino (consiglio: chiederne una al piano terra con vista tramonto, in modo da poterlo ammirare direttamente facendo aperitivo nel giardinetto privato affacciato sulle dune) e una cena suggestiva sul terrazzo tra divanoni, lanterne e musica arabeggiante (altro consiglio: evitare come la peste le proposte di ristorante indiano, ristorante al buffet e ristorante con show da turisti alle prime armi nel deserto) e chiedere espressamente il Sunset Rooftop.
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Ultima, ma decisamente non ultima: la colazione al Bab al Shams. Prima niente hotel, poi formule discutibili, a volte i buffet serviti da camerieri che perdono la pazienza davanti al “due mandorle, un cucchiaio di bacche di goji, tre noci, più ananas, meno yogurt, ancora kiwi”, altre quelli con aberranti schermi in plexiglass tra te e il muesli, altre ancora la colazione preordinata il pomeriggio prima, senza ancora aver nemmeno la vaga idea di quello che avresti mangiato a cena. Ecco, dopo mesi e mesi di privazioni, potete immaginare la mia felicità di fronte a quello che (solo in parte) vedete in queste foto. Dicono che ci si potrebbe vergognare di me in queste situazioni (soprattutto per l’ormai rinomata cleptomania che ho nei confronti di marmellatine, frutta secca e tutto ciò che è facilmente buttabile in borsa (e poi magari utile in vista di improvvisi cali di zuccheri). Io dico solo che una colazione come si deve, al sole, in giardino, senza fretta, è sempre impagabile. E già di per sè vale il prezzo del soggiorno (tra l’altro nemmeno così proibitivo a voler essere onesti).
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E con questo direi che, condivisibili o meno, i miei pareri e consigli su Dubai si potrebbero dire esauriti.
Non penso sia un arrivederci, più che altro un puntino in più da aggiungere alla mia mappa di posti visitati nel mondo e di cui possi dire di essermi fatta un’opinione personale.
Resta quella sensazione di benessere che si ha dopo aver viaggiato alla scoperta di un posto nuovo. Mista alla felicità per una nuova vita che finalmente mi permette di unire le mie due passioni, viaggi e marketing [se volete saperne di più sulla nuova avventura di M.net andate un po’ a curiosare sul nuovo sito 😉] E alla consapevolezza che di bello come l’Italia c’è gran bel poco.
Infatti, piccola anticipazione in anteprima solo qui, Italia Keeps On Travelling sta per tornare in pompa magna. Qui gli articoli della stagione SS20, se ve ne voste persi alcuni e voleste iniziare a prendere appunti per le prime fughe italiane non appena sarà possibile.
E stay tuned per i prossimi…coming very very soon!