Ecco, dopo un weekend dedicato interamente alla lettura, e’ giunta l’ora anche per me di produrre nuovamente qualcosa di scritto.
Anche se, a voler ben dire, dopo aver preso atto nelle ultime 24 ore delle abilita’ letterarie di certe persone, la mia innata autocritica mi porta a temere non poco il confronto.
Eh si’, perche’ la piu grande scoperta di questo weekend e’ proprio questa:
mio fratello sa scrivere, e anche bene.
Anzi, quel fratello dal carattere difficile (e qui sto decisamente usando un eufemismo) e con il quale il rapporto e’ sempre stato altalenante (con sbalzi imprevedibili tra risate in confidenza e astio piu’ assoluto) posso dire di averlo davvero scoperto, e conosciuto veramente, proprio grazie alla lettura di queste 171 pagine, divorate tutto d’un fiato l’altra notte.
Una sorta di Giovane Holden contemporaneo, un romanzo di formazione scritto da un venticinquenne che, complice la fine di un amore e l’incertezza lavorativa, ha raggiunto il baratro, ci si e’ crogiolato per bene (si sa, in famiglia abbiamo un certo gusto per il dramma), ma poi ha saputo uscirne e guardare al futuro.
“La vita va avanti, la vita e’ andata avanti ed io a braccetto con lei. Mi sono perso ed infine ritrovato, lost and found come una valigia in aereoporto…”
Un flusso di pensieri in cui ti immergi fin dalla prima pagina, ti coinvolge immediatamente come se si stesse rivolgendo proprio a te, non il semplice lettore, ma l’amico di sempre a cui confidare opinioni ed episodi che si snodano tra Spagna, Italia e India, alla ricerca di un luogo da chiamare Casa.
Per me senza dubbio un modo per scoprire meglio mio fratello, quello che, in disparte con il muso durante gran parte del viaggio in India, in verita’ osservava con empatia il mondo circostante e annotava le sue impressioni critiche sulla inseparabile Moleskine rossa.
E poco importa se l’unico riferimento alla sottoscritta avviene con il non gentilissimo epiteto di “parassita sociale” (il che denota una certa inappropriatezza nell’uso dei termini: ok a “bionda svampita rompicoglioni”, se proprio bisogna focalizzarsi su come a volte tendo per semplicita’ a vendermi agli altri, ma dire che vivo alle spese della societa’, io, proprio no. Poco male: fortunatamente non sono permalosa. E tanto mi occupero’ io dell’editing finale del testo..chissa’ cosa scomparira’ magicamente?!)
Potrebbe sembrare una recensione di parte, con un entusiasmo in tipico stile “ogni scarrafone e’ bello a mamma soja”, ma, ecco, l’appena citato aneddoto del “parassita sociale” fa ben intuire come tra fratelli Minozzi la tendenza di solito sia piu’ orientata verso la denigrazione che verso il complimento.
Quindi si’, mi tocca andare contro corrente e ammettere che Kito Jabari sa scrivere, e anche bene. Pensieri per nulla ovvi e banali, osservazioni argute, racconti di vita leggeri e divertenti, conditi da metafore e paragoni tutt’altro che scontati. Il tutto in un flusso di coscienza per nulla pesante, che ti cattura, sia tu la sorella, la madre, l’amico di sempre o un lettore X totalmente estraneo ai fatti, dalla prima all’ultima pagina.
E mentre Kito ora se ne e’ andato a vivere in Sudan (in famiglia ci piace rischiare la vita), raccogliendo idee per un nuovo romanzo, che fai non te li divori questi 25 capitoli?!
Kito Jabari – “No job, no girlfriend!”
Disponibile per ora solo in formato elettronico: