Je suis PARIS

Non sempre le cose vanno come si erano programmate.
Doveva essere un weekend a Parigi fatto di mostre e passeggiate, foto e nuovi ristoranti da provare. Biglietti per Paris Photo e Fondation Luis Vouitton già presi, prenotazioni già fatte da Derrière, Le Tigr et Germain, un’escursione da Primark all’alba già programmata e una macchina fotografica pronta a scattare tra le rues parisiennes.

Ma niente è andato come doveva andare e tutto ciò ha perso qualsiasi significato e importanza nell’istante in cui ho messo piede in casa venerdì sera e ho trovato mamma ad aspettarmi in lacrime: “perché non accendi il telefono??? Non sai cos’è successo!”(..effettivamente avevo ancora l’iphone in modalità aereo…e sì, effettivamente in taxi ci avevano superato un bel po’ di ambulanze e macchine della polizia..)

 

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Ecco, da lì è iniziato un weekend del tutto diverso, a partire da un venerdì sera fatto di una sfilza infinita di messaggi di gente che chiedeva se stavamo bene (che poi anche Facebook che ti localizza nell’area degli attentati e chiede di confermare se sei viva è un pochino inquietante eh…), una maratona notturna davanti a TF1 per aggiornamenti in diretta e l’eco continuo di sirene alla finestra per tutta la notte.

Perché Place de la Republique è proprio dietro casa e, anzi, è inevitabile pensare che proprio in rue Charon ho dormito esattamente qualche anno sempre in occasione di Paris Photo. E al Bataclan ci sono stata più di una volta.
E uscire a fare la classica spesa del sabato mattina nel Marais non ha certo avuto quel sapore di spensieratezza delle altre volte.
Ma sì siamo uscite. A fare la spesa, a fare una passeggiata nel Marais, sono perfino stata a Bikram domenica mattina e a pranzo fuori al sole in George V con successiva passeggiata per gli Champs Elysées.

E lo dico non per sminuire la tristezza che permeava le strade parigine, sono la prima a restare sconvolta davanti ai racconti dei testimoni, storie di amici di amici che non ci sono più, racconti di fatti che avrebbero potuto coinvolgermi in prima persona.
Lo dico solo per smentire la stampa giornalistica che in alcuni casi ci ha ricamato decisamente sopra, descrivendo una Parigi vuota con gente barricata in casa in clima di terrore.

Non c’era terrore (sì, forse un po’ di paura quando siamo scese alla metro Hotel de Ville e dopo poco l’hanno chiusa per allarme bomba o quando stavamo andando verso Rue des Rosiers ed è partito un falso allarme spari…che poi voglio capire io gli idioti che si mettono a far scoppiare petardi per gioco in questo momento…); c’era tristezza sì, poca voglia di sorridere e divertirsi sì, i musei e alcuni negozi chiusi in segno di lutto per due giorni sì, ma Parigi è una città che continua a vivere e non si fa certo abbattere così. Perché così sarebbe solo fare il loro gioco.

E ieri sera davanti a un libro sul divano di casa (che mai come questo giro è stata davvero “casa”…ammetto che di voglia di cenare fuori ce n’era poca e fortuna che tv e libri ci hanno fatto compagnia in queste serate…) pensavo che alla fine sono contenta di essere stata a Parigi anche in questo weekend. Non può che farmi sentire ancora più parte di questa città e farmela amare ancora di più.

Ecco, solo questo volevo raccontare.

Troppe cose sono state dette, troppa gente ha espresso pareri a riguardo. Tutti hanno qualcosa da dire. Che questo qualcosa però sia pertinente e sensato non è sempre scontato.

Io altre parole per ora non ne ho.

Des fois il faut mieux rester en SILENCE.

E da Parigi, per ora, è tutto.


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