Ed eccoli qui, dopo il primo post di teasing, tutti i miei travel tips dalla Giordania.
Un viaggio che ho sempre voluto fare, ma che non avrei comunque mai immaginato così meraviglioso come è effettivamente stato.
La giornata a Petra? Mi sono talmente innamorata che ci sono tornata anche il giorno dopo. 🙂
Ma andiamo con ordine.
Sotto, giorno per giorno, il diario di viaggio dettagliato. La parte oggettiva, per lo meno, quella che potrebbe aiutarvi a organizzare questo viaggio. Perchè è davvero un must have che un vero appassionato di viaggi non dovrebbe proprio perdersi.
Il resto del viaggio, tutti quei momenti che me lo hanno fatto amare ancora di più, beh, quello, come al solito, me lo tengo per me. 🙂
Day 1
Anche se forse sarebbe meglio chiamarlo day 0, visto che, con il volo in partenza da Milano alle 20.00, l’attrazione più esotica che si è visitata è il nuovo aeroporto di Instanbul (ma rigorosamente dall’1 alle 4 di notte, tra scalo e volo in ritardo, che le cose semplici mai eh). Ma in fondo se non si inizia con un po’ di imprevisti che Avventura è?!
Day 1 (quello vero)
L’arrivo all’alba ad Amman, con giusto quelle ZERO ore di sonno alle spalle (ma grazie al cielo il corrispondente locale è stato efficiente e un certo Mohammad, chiccissimo in abito blu, ci aspetta prima ancora del controllo passaporti e ci fa passare immediatamente – grazie Elena che avevi mandato tutte le info in anticipo!), il transfer rapido all’ Hotel Toledo, una colazione niente niente male a base di pancake e frutta fresca (e infatti l’hotel era stato scelto sulla base delle recensioni sul breakfast buffet, avevate qualche dubbio?!), doccetta rinfrescante e via: pronti a salire sul nostro pulmino lilla (mai passare inosservati eh, nemmeno in Giordania) e iniziare l’avventura freschi come delle roselline.
Mattinata al sito di Jerash, camminando avanti e indietro tra le rovine sotto il sole cocente, un pranzo veloce a base di gelati confezionati da un improbabile colore fosforescente al baretto all’ingresso e poi pomeriggio al Castello di Ajloun. Bello, ma non bellissimo, sono onesta.
Lascio però il beneficio del dubbio: che l’entusiasmo fosse smorzato da quella leggera notte insonne alle spalle?
Se non altro ottima scelta partire da questa tappa. Teniamo Petra e il deserto per quando avremo le dovute energie per instagrammare ogni angolo. 😉
Per la serata ad Amman si sceglie di andare su un classicone consigliato da avventure: Hashem. Falafel, hummus e pita, mangiati direttamente con le mani su tavoli coperti da teli di pellicola trasparente. Autentico, quello sì. Forse un po’ troppo.
Meglio la camminata dopo cena (rigorosamente in salita, ma c’erano dubbi?! 😉) che ci porta a Rainbow Street, la zona della movida serale.
Guardiamo con invidia il Milana, ristorantino dove avrei centomila volte preferito cenare (e che consiglio a chiunque leggesse questo paragrafo e non fosse il fan n.1 di falafel mangiati con le mani in un retrocucina), scattiamo due foto al soffitto di lanterne rosse che decora la via, un drinkino sulla terrazza dello Zorba (che ci costa il doppio della cena, ça va sans dire), il sightseeing in taxi verso l’hotel. E finalmente un letto comodo. Dal primo giorno è tutto. Con tanta, immensa, stanchezza.
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Day 2
Millemila cose in una sola giornata.
La Cittadella di Amman di prima mattina e poi via, passando per Madaba e i mosaici della chiesa di San Giorgio, fino al Monte Nebo dove si narra morì il nostro caro Mosè.
A seguire un pit stop per mangiare all’ abbondantissimo e dignitosissimo buffet restaurant accanto al sito: un vero e proprio #lunchwithaview (fino alla Palestina), buono, decisamente buono. Questa cucina giordana, e le sue verdure senza aglio, ma solo immerse in spezie buonissime, è la prima grande rivelazione del viaggio.
E di rifocillarsi effettivamente ce n’era proprio bisogno, in vista del pomeriggio di canyoning al Wadi Mujib. Canyoning?! Ebbene sì. Che per alcuni vuol dire farsi il bagno nel torrente e lanciarsi giù da mini cascate trainati dalla corrente, per altri semplicemente farsi una passeggiatina con l’acqua alle caviglie sperando di incontrare un fotografo professionista per qualche scatto da super like da tenersi per i lunedì sera autunnali(inutile specificare in quale categoria sia rientrata la sottoscritta).
In ogni caso, diffidare dal terrorismo psicologico di alcune guide che parlano di tre ore immersi nelle correnti impervie etc etc. Semplici istruzioni per l’uso: costume, scarpette da scoglio e un unico telefono per gruppo all’ interno di una custodia impermeabile. Ci si cambia nei bagni (sudici, ok, ma siamo pur sempre in in canyon in Giordania, eh) e si lascia tutto sul pulmino. Durata effettiva: un’oretta o poco più. Decisamente più facile a farsi che a dirsi. Parola di NON temeraria. 😉
Il pomeriggio si conclude con quelle tre orette di pulmino tra tornanti nel mezzo del nulla (ma con una vista impagabile, soprattutto capitandoci in mezzo proprio nella “golden hour”) e un arrivo nell’ ancora più dispersa nel nulla Dana.
L’hotel, il Dana Hotel, è meno peggio del previsto. Sará merito delle aspettative settate sul livello più basso dei più bassi (vedi relazioni di tutti i coordinatori precedenti) o della richiesta di farsi dare le camere più belle avanzata fin dall’ Italia? In ogni caso anche la cena stupisce. Spartana, sì, ma decisamente buona, a base di pollo, riso e le solite verdurine speziate. La cucina giordana continua a dare soddisfazioni.
E dal middle of nowhere, tra balli e canti di fine serata, è tutto per il day 2, pronti per un’altra sveglia di buon mattino.
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Day 3
La nottata nella riserva di Dana è stata meno peggio del previsto. E potremmo dire anche la colazione molto “local” a base di pita (oh toh, ancora), hummus (oh toh, ancora) e torrone di pasta di sesamo (oh toh, una novità).
E un po’ di energie da torrone servono decisamente per affrontare tre ore di trekking nel canyon. Che facili facili, come volevano far passare altre relazioni di viaggio, non sono. Discesa, sì, ma metti un piede male e sei direttamente giù da un dirupo e sfracellato forever nel mezzo della Giordania.
Viste a 360 gradi decisamente niente male comunque. Worth it.
Così come niente male il pranzo, sempre al Dana Hotel: nella sua semplicità le verdure speziate (continua io niente aglio e cipolla, qui in Giordania a condimenti mi danno enormi soddisfazioni!) e la frittata di zucchine si fanno divorare, con tanto di bis e tris, da tutti.
Pomeriggio di turismo leggero: una tappa al castello di Shobak e un giro a Piccola Petra. Preparazione per l’arrivo a Petra, sistemazione all’Hotel Al Anbat (recensione? Ecco, meglio sorvolare…), cena in hotel a buffet (soliti hummus, verdurine e riso, ma tanto a questo punto del viaggio chi ci fa più caso alla cucina gourmet) e a letto presto prestissimo. C’è giusto giusto una meraviglia del mondo ad aspettarci la mattina dopo.
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Day 4
E infatti la giornata a Petra è semplicemente M-E-R-A-V-I-G-L-I-O-S-A.
Meravigliosamente stancante, quello sì, con 17 km e 70 piani totalizzati a fine giornata, abiti bianchi ormai intrisi di polvere, sabbia accumulata nelle scarpe fino al prossimo anno. Eppure non importa. Realizzare di essere davanti a una Meraviglia del Mondo lascia senza fiato non una, non due, non tre, ma decine di volte, tanti sono i siti da visitare (not to miss assolutamente: il tesoro e il monastero, view point dall’alto assolutamente incluso).
Si parte alle 8, si rientra alle 18, pure di corsa. Che gli stessi scorci fatti al mattino – segnatevelo – meritano uno stop per restare a bocca aperta (e scattare giusto quel centinaio di foto/video/selfie/stories in più) anche al rientro, quando la luce del tardo pomeriggio fa capire davvero perché la chiamano La Città Rosa.
Petra by Night la si evita, sconsigliatissima. Anche perché dopo una giornata così piena di tutto (camminate, caldo, stanchezza, sporcizia, ma soprattutto EMOZIONI) non resta altro che la forza magari per un hamman e massaggio in hotel e una cena velocissima. Ormai si va a letto con le galline e la mondanità non si sa proprio cosa sia. Ma il gioco vale decisamente la candela.
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Day 5
Talmente bella Petra che serve una mattinata in libertà per godersela ancora un po’. C’è chi fa trekking per scoprirla da angolazioni diverse rispetto al giorno prima, chi semplicemente si incammina di nuovo fino al Tesoro giusto per prendersi un caffè con la vista migliore che si possa immaginare e rimanersene semplicemente lì, in quello stato contemplativo/inebetito che si ha di fronte alla bellezza quella vera.
A fine mattinata si torna però in hotel per una doccia veloce e poi si parte in direzione deserto Wadi Rum.
Le valigie restano sul pulmino, ci si porta dietro solo uno zainetto con lo stretto necessario per la notte. Che poi in verità si rivela anchd non poi così necessario: una volta entrati nel deserto, scoperto step by step con un pomeriggio di gita in 4×4 e salti atleticissimi sulle dune di sabbia rossa, la sensazione è talmente surreale che chissenefrega della chilate di granelli dentro le scarpe, della polvere appicciata a tutto il corpo in un bel mix con il sudore, dei capelli lerci, delle brandine gran poco pulite dove si dovrà dormire. Importano solo il tramonto davanti agli archi sospesi, la cena beduina cotta sotto la sabbia, i racconti intorno al fuoco, il dormire all’aperto sotto il cielo stellato. E l’assenza totale di connessione internet con il mondo esterno non preoccupa proprio per nulla.
(Dettagli organizzativi: basta contattare Aodeh del Beduin Wispers Camp che organizza il pacchetto completo 4×4, cena e notte nel campo tendato. Minimo sforzo, decisamente massima resa).
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Day 6
Ecco, la notte nel deserto è stata talmente meravigliosa che si è rivelata anche quella in cui si è dormito meglio.
E anche la colazione all’ alba con biscotti al sesamo non si fa rinnegare.
Pronti alle 7.30 e si rientra alla base a bordo di un mezzo un po’ diverso, a due gobbe: che una cammellata nel deserto non vorrai mica lasciartela scappare vero?!
E dal cammello nel deserto ai Nemo nel Mar Rosso il passo è brevissimo. Basta risalire sul pulmino, fare un’oretta di strada e ci si ritrova rapidissimamente catapultati da sabbia e nulla più a yacht con musica a palla, snorkeling nella barriera corallina, pranzo delizioso a bordo (perfino la frutta fresca, miraggio in questo viaggio!) e un’ultima abbronzatura di stagione che male certo non fa.
Organizza tutto la guida. Anche qui avere scelto Zuhair come accompagnatore per tutto il viaggio si rivela una vera e propria manna dal cielo. Gran poco a cui pensare oltre a Nemo e famiglia. 😉
Quattro ore di barca e poi di nuovo all’ inseparabile pulmino che conduce fino al Mar Morto, dove la suite deluxe al Dead Sea Spa Resort, soprattutto dopo la notte precedente, crea un certo entusiasmo.
Così come la doccia bollente di una durata media di quei trenta minuti a testa, necessari per togliere tutta la polvere di dosso. E il buffet in cui compaiono addirittura antipasti e dolci in versione finger food: finalmente qualcosa di diverso dai soliti hummus e pita.
Serata trascorsa poi a bere birre comprate ad Aqaba nella suite presidenziale (in tutto il resto del resort, come da leggi giordane musulmane, bere alcool diciamo che non è visto proprio così di buon occhio): valido riadattamento giordano di una notte da leoni. 😉
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Day 7
Ultimo giorno di pseudo relax tutti insieme al Mar Morto: colazione continentale decisamente apprezzata da tutti, fanghi drenanti su tutto io corpo e le classiche foto di rito galleggiando in acqua con un libro, qualche trattamento in Spa per chi vuole rilassarsi ancora di più. Anche perché la pelle che non ti ritrovi post fanghi è davvero qualcosa di mai provato: luminosità d morbidezza che altro che le migliori creme di profumeria. Certificato da tutte le donne del gruppo.
Nel pomeriggio si rientra a Madaba: appoggio molto, ma molto, ma molto spartano al Pilgrim’s House, ultimi acquisti di spezie e souvenir vari per spendere gli ultimi dinari, e una cena davvero perfetta sulla terrazza del Baiabet Madaba, decisamente all’ altezza di quello che purtroppo deve essere l’ultimo saluto Unica nota dolente, molto dolente, della giornata è infatti il dover rientrare in hotel per chiudere le valigie e aspettare i transfer prenotati tramite il corrispondente locale con cui inizierà il solito viaggio della speranza del rientro (volo notturno, scalo a Istanbul di tre ore, arrivo a Milano in condizioni da morti viventi).
La voglia di un bagno pulito e di cibo nuovo c’è, non neghiamolo. Ma nulla per bilanciare la tristezza per la fine di un viaggio di 7 giorni che è valso però più o meno come 7 mesi.
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Fine della gita.
Giordania Breve mi sei piaciuta. Molto.